Patria

Tra i più intimi seguaci di Dioniso si narra una leggenda. Pare esista un uomo, vecchio di chissà quanti secoli, che ricevette in dono, dal dio del vino in persona, l’abilità di leggere le pene dei suoi simili lasciate ad annegare in fondo alle bottiglie. Questo custode dei segreti umani è colui che da sempre porta consolazione nei cuori dei bevitori.

Proprio di questa storia sta parlando ora Edoardo Patria, un giovane bello, con gli occhi tristi come il blues. Per una volta sembra esprimersi con vero entusiasmo: «Vi dico che esiste! La chiamano la leggenda del lettore di vino, un vecchio che ti legge i segreti dalle bottiglie.». I compagni di ogni sera non gli credono, sghignazzano in coro, da sempre scettici verso il mistero. Edoardo fa un gesto di stizza e vuota il bicchiere. Ormai il Dolcetto è amaro come i suoi pensieri. Si guarda intorno nel locale quasi vuoto. Un tranquillo bar di un tranquillo paese di campagna, facce stanche che vanno avanti a bianco, da colazione a sera. Anche Edoardo è stanco, stanco di chiamarsi Edoardo Patria e di portare il destino del proprio nome. Si alza a chiedere il resto della bottiglia da finire tornando a casa, tanto ne resta giusto qualche sorso. Tanto il conto lo pagherà a fine vendemmia. La notte è tiepida e silenziosa, il Patria galleggia un po’ in bilico su note alcoliche.

«Una volta ho letto la storia di un alcolista australiano. Era rimasto senza famiglia e viveva in un collegio in Lombardia che ne aspettava l’eredità. Un racconto da 20 puntate a settimana in bottiglie di Buttafuoco.». La voce, stranamente limpida, viene da un vecchio che trascina un secchio dell’immondizia, da cui esce un rumore vetrigno. «Vedo che il tuo nome ti schiaccia alquanto. Ma non ti devi preoccupare tanto. La vendemmia andrà bene e lei forse tornerà. Azzurra, giusto? Bel nome. Era dolce come il vino che hai scelto, scommetto. Edoardo Patria, tu ti tormenti perché tuo padre ti ha costretto a restare a occuparti della terra, mentre la luce azzurra dei tuoi occhi è partita. Potrebbe tornare, queste cose non le so mai per certo. Ma la tua terra è buona, questo lo leggo bene. Devi soltanto imparare a sentirla, col tempo.».

Edoardo Patria, chiamato per nome dal vecchio mai visto, è come incantato. Le parole del veggente gli scendono in gola fresche come succo d’uva fragola e l’ubriachezza sembra scomparsa. L’anziano cantore continua a raccontare la sua storia di contadino, i suoi piedi affondati nella terra come radici, la malinconia di albero abbandonato che gli riempie il cuore. Racconta della donna che ama, partita all’estero per lavoro, di un destino che Edoardo non vorrebbe seguire, ma che non lo abbandona. Il racconto è lungo, travagliato, ma nelle parole del vecchio si sente una strana leggerezza, l’armonia di rami ordinati, legati dolcemente con lo spago, rivolti al sole. Edoardo è cullato fino ad addormentarsi, come quando era bambino. È un raggio di sole a svegliarlo, raggomitolato sul ciglio della strada che stava facendo per tornare a casa. Un po’ stordito, cerca la bottiglia che doveva avere in mano e non la trova. Allora si alza, non sa che ore siano, ma è sicuramente ora di andare nella vigna a controllare se l’uva sta maturando bene. Non ricorda molto della notte appena trascorsa, ma una voce gli è rimasta in testa: «Edoardo, non tormentarti tanto. La terra è buona e col tempo imparerai a sentirla.».

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